venerdì 1 dicembre 2006

Salvatore Paparella

Il Giardino Fiorito luglio/agosto 2006

Sono pochi i veri giardinieri impegnati negli enti pubblici, e sono pochi per diversi motivi; di solito è un lavoro poco pagante e poco appagante, le soddisfazioni sono scarse, l’autonomia, le iniziative sono sempre molto limitate, e per il vero giardiniere, che è un artista della natura, sono grandi limitazioni.
Salvatore è uno di questi giardinieri, e voglio raccontare la sua storia.
Proviene da una scuola storica, la “Scuola Apprendisti Giardinieri G. Ratti”.
Per me questa scuola è storica per due motivi, uno personale, perché molti anni prima di Salvatore l’ho frequentata anch’io; l’altro motivo è perché oggi praticamente non esiste più.
L’aveva voluta, creata, il compianto Cav. Giuseppe Ratti, ma da quando non poté più occuparsene personalmente la scuola cominciò lentamente il suo declino, responsabili anche persone prive di lungimiranza ma soprattutto prive dell’amore e della passione per le piante e la natura che contraddistinse il Cav. Ratti.
In questa scuola Salvatore, come molti altri prima di lui e alcuni dopo, studiarono per tre anni giardinaggio, agronomia, botanica, storia dei giardini, disegno; meno impegnative erano italiano, storia, geografia, matematica. Molto tempo era riservato alla pratica, suddivisa in esercitazioni su coltivazioni in campo e in serre calde; queste “lezioni pratiche” erano finalizzate alla produzione di piante che poi usavano i giardinieri del Comune, e questo legame a una produzione reale è stato molto importante. Dopo i tre anni seguiva un periodo più o meno lungo, che poteva durare anche due anni, dove si lavorava praticamente a tempo pieno. Ho un ricordo di ottimi insegnanti, qualcuno anche senza laurea, forse per questo motivo migliori, perché più “pratici”.
La scuola era del Comune di Torino, per cui lo sbocco quasi naturale era quello di diventare giardiniere comunale, tranne i pochi che avevano un’azienda di famiglia che li aspettava e quelli che iniziavano una attività nuova.
Ma, un po’ come dice Morandi in una canzone - uno su mille ce la fa - terminata la scuola si dimentica tutto, anche quando sono scuole creative come quelle che devono formare giardinieri. Nel nostro caso, sono più generoso; molto pochi, ma qualcuno di più di uno su mille hanno dimostrato una passione per il mondo delle piante e dei giardini; quella passione che porta a continuare a documentarsi, spesso su libri inglesi - la nostra patria non ha una grande storia giardiniera - a visitare giardini botanici, a incontrare altri con cui condividere gli stessi interessi. A volte, nell’ambito degli enti pubblici, il vero giardiniere deve anche fare altri sacrifici, per rimanere vicino fisicamente ai fiori e alle piante deve un po’ rinunciare alla carriera. Molti degli allievi della scuola Ratti sono diventati funzionari e dirigenti, ma più si sale più si diventa burocrati, si perde il contatto con la terra, si maneggiano solo più carte, non piante.
A questo punto è chiaro che Salvatore è uno di questi pochi, e poiché finita la scuola giardinieri sentiva il bisogno di ampliare le sue conoscenze, frequentò il liceo artistico che contribuì notevolmente a completare la sua formazione; ma nei suoi ricordi, la Scuola Giardinieri Ratti resta sempre al primo posto.
Dapprima Salvatore si occupò della riproduzione e coltivazione delle piante nelle serre del Comune; il primo indispensabile passo per essere giardiniere, poi vennero notate la sue capacità creative e per un certo periodo si occupò delle aiuole dei giardini comunali. Da qualche anno a Torino si può osservare una maggior attenzione nella realizzazione delle aiuole; abbiamo visto l’introduzione di nuove piante a fioritura annuale, ma anche l’impiego di arbusti da fiore e da foglia a fare da sfondo, dove possibile; le aiuole hanno preso uno slancio nuovo e, cosa non secondaria, richiedono minor impegno per la manutenzione nell’arco dell’anno. Questi risultati sono merito non solo di Salvatore, ma di tutto il gruppo di lavoro e della coordinatrice responsabile.
Pur restando sempre nello stesso gruppo, Salvatore ha nuovamente cambiato attività, ora si occupa della decorazione degli interni. Prima di lui era relegata ai soliti philodendri e ficus negli uffici più rappresentativi; ora è diventato un settore molto importante, ed è qui che forse il liceo artistico segna il suo percorso.
Le olimpiadi di Torino hanno avuto il merito di dare slancio a molte attività, anche a questa, e Salvatore dispone di una buona squadra. Malgrado il nuovo lavoro lo impegni molto, non manca di partecipare all’allestimento delle principali mostre floreali a cui il Comune di Torino storicamente, partecipa.
Credo che qualcuno avrà notato dei cambiamenti nelle aiuole dei giardini comunali, senz'altro un maggiore impegno. Vedo però, con un po’ di perplessità, un fiorire di aiuole dove si fa un largo uso di ciottoli bianchi che nel caso della foto forse vogliono ricordare le passate olimpiadi invernali; spero di non vedere in seguito anche vetri o altri materiali colorati, finora riservati a qualche mostra e che un po’ mi inquietano. Non so se Salvatore approvi questa novità, non ho voluto fargli questa domanda, non volevo imbarazzarlo, ho visto per altro che in più di una circostanza non disdegna l’accostamento di materiali moderni ai suoi fiori.
Si comincia a fare largo impiego di bulbose; una distesa di narcisi ha colorato l’inverno delle olimpiadi Torinesi. Ho visto crocus emergere da radi prati in tratti di banchine stradali, timide presenze che inteneriscono con i loro fiori delicati. Mi sono sorpreso a scoprire di essere contento di trovarmi con l’automobile fermo in coda, mi consentiva di goderne la vista. Spero che altri li abbiano notati e apprezzati come me.
Guardando il giardino di Salvatore penso che era più importante, quantomeno meno effimero, il lavoro che svolgeva nelle aiuole e nei giardini, ma lui è soddisfatto di questo nuovo lavoro, dove senz'altro la sua creatività ha più spazio e più indipendenza.
Il suo giardino è molto piccolo, ma è un grande giardino!
Richiama i cottage-garden inglesi, nell’apparente disordinata esuberanza, dove in realtà ogni pianta, ogni particolare, ogni presenza, non è casuale.
In uno spazio molto limitato è riuscito a inserire anche un laghetto con un ponticello, cosa che ritengo non possa mancare in nessun giardino degno di questo nome.
In modo molto soft, compaiono elementi artistici da lui creati, frutto degli anni passati al liceo; l’opera più appariscente è il “calco” della sua figura che guarda emblematica dal balcone del primo piano della casa.
Ma il giardino di un giardiniere non può mai essere finito, in questi giorni sta rinnovandone una parte, non era necessario, ma nuove idee prendevano il posto delle vecchie: il giardiniere è un artista sempre un po’ irrequieto.

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