mercoledì 17 dicembre 2008

Vischio - Viscum album

LaStampa 30 novembre 2005
E’ una pianta molto strana il vischio, e come tale ha sempre attratto la curiosità degli uomini. Già il fatto di crescere su altri alberi giustifica questa curiosità. Se poi si osserva con attenzione come nasce, si resta affascinati dalle caratteristiche di questa pianta.
Potete anche seminarlo, ma è bene che ricordiate che è un parassita, qualcuno lo definisce un semi parassita, poi vedremo perché.
Il seme grigio verdastro e piatto è contenuto in una bacca, una opalescente perla piena di una sostanza appiccicosa detta viscina, così appiccicosa che veniva usata per catturare uccelli e anche topolini.
Una volta posato il seme su un ramo, preferibilmente di melo o quercia, (il ramo deve essere giovane, altrimenti le piccole radici che si sviluppano dal seme - si chiamano austori - non riescono a oltrepassare la corteccia) armatevi di pazienza e aspettate. Durante il primo anno, il seme non farà altro che infiltrare gli austori nel ramo che lo ospita e da adagiato che era si raddrizzerà. Però... la pianta che lo ospita ha capito che quella minuscola presenza è pericolosa! Tenterà di respingerlo, generando del tessuto in più, provocando un piccolo rigonfiamento per impedire agli austori di raggiungere i canali legnosi di conduzione, da dove assorbiranno la linfa grezza che sale dalle radici. Di solito, ma non sempre, vince il vischio e il secondo anno aprirà due minuscoli cotiledoni. L’anno successivo emetterà le prime due piccolissime foglioline. Sono passati tre anni, e praticamente se non si è più che attenti il nostro vischio non si vede ancora, ma ormai si è insediato, non lo spodesterà più nessuno. Le sue ramificazioni dicotomiche raddoppieranno ogni anno, ci vorranno 5-6 anni prima che raggiunga una dimensione apprezzabile di 10-12 cm. Da questo punto in avanti l’accrescimento è molto veloce e l’albero che lo ospita comincerà a patirne la presenza. Non pensate a questo punto, soddisfatta la curiosità, di poterlo eliminare per non mettere in pericolo la vita della pianta stessa: anche se viene asportato dalla base ricrescerà sul ramo dove si è insediato, allargandosi sempre di più. L’albero che lo ospita è condannato, ci vorranno anni, anche molti , ma alla fine il vischio avrà la meglio, e...morirà insieme a lui!
Da alcuni viene definito semi parassita perché sottrae all’albero linfa grezza, essendo provvisto di clorofilla la elaborerà “in proprio”, contrariamente a quelle piante parassite che ne sono prive (cuscuta, orobanche e la neottia nidus avis, una rara orchidea che si può incontrare nei prati prealpini) e che sono obbligate ad assorbire linfa elaborate dai vasi di conduzione librosi.
La diffusione del vischio è alquanto varia, ci sono zone, ad esempio nel nord ovest della Francia, dove la presenza è tale da provocare gravi danni. Nei boschi del torinese non l’ho mai visto, mentre si può osservare nell’alta Val Susa, in particolare sul Pinus silvestris.
Anche i poeti sono rimasti colpiti da questa pianta, tanto che il Pascoli gli ha dedicato dei versi in uno dei Primi Poemetti.
E’ una pianta sempreverde, di un indefinibile verde pastello, che con il freddo può assumere una leggera tonalità gialla. Dove è presente si può vedere con facilità d’inverno, quando gli alberi sono spogli (tranne i pinus); si noteranno dei globi sferici, simili a grandi nidi di uccello, a volte avvolgenti i rami degli alberi, a volte appesi ai rami stessi con degli esili fusticini. Le foglie sono insolite, oblunghe ottuse, con nervature principali parallelinervie, poco evidenti, lunghe 6-8 cm. e un po’ carnose.
Ancora oggi, anche da noi, viene considerata una pianta bene augurante e non può mancare nella notte di fine anno, dove resterà appesa alla porta; guai a buttare rami dell’anno precedente! Dovranno essere bruciati.
Come poteva una pianta così curiosa passare inosservata ai popoli antichi, così attenti verso ogni manifestazione della natura?
Infatti nella mitologia dei popoli nordici era una pianta magica, generata dai fulmini, poteva essere raccolto solo dai druidi, sacerdoti dei Celti, in certi giorni dell’anno, rispettando un severo cerimoniale, usando un falcetto d’oro e si raccoglieva esclusivamente dalle piante di quercia.
Nella Valle d’Aosta il comune di Saint-Denis lo festeggia ogni anno, la tradizione vuole che nell'antichità guarisse le malattie e proteggesse dalle epidemie che decimavano le popolazioni.
Veniva usato in pozioni e infusi, e ancora oggi sono elencate le molte qualità curative del vischio, ma è sempre più difficile trovarlo in erboristeria, sostituito in questo uso, da altre piante dagli effetti più sicuri e certi.
La famiglia delle lorantacee oltre a raggruppare una trentina di specie di vischio comprende anche i numerosi loranthus, tutti tropicali, tranne il loranthus europaeus (vischio quercino) simile al vischio ma con foglie più piccole e caduche, difficile da vedere, tant’è che io non l’ho mai notato.

3 commenti:

taro ha detto...

Complimenti per il blog! È ogni giorno più interessante ;)

Anonimo ha detto...

Ciao, ho letto questo articolo che reputo molto interessante sul vischio...
Io sono uno studente universitario Napoletano, e lavoro part time all'orto botanico di Napoli, durante un escursione in molise abbiamo trovato un esemplare di Vischio Quercino (Loranthus europeas) e vorremo provare degli esperimenti di germinazione di queso esemplare per arricchire la collezione dell'orto.
In poche parole volevo chiederti se hai informazioni su come fare per farlo riprodurre, o comunque se puoi indicarmi dove trovare informazioni in merito dato che la bibliografia generale risulta essere molto scarsa.

Se ti è possibile manda una mail al mio indirizzo:
mrk86na@libero.it

Ti ringrazio anticipatamente per le informazioni che spero mi manderai.

Ciao ciao

Mirko

Renato Ronco ha detto...

Ciao Mirko,
grazie per i complimenti.
Come avrai letto non ho esperienze dirette sul Loranthus europaeus, che probabilmente non si trova nei boschi del Piemonte, ritengo però non ci siano differenze per la riproduzione.
Ti ricordo di posare il seme su rami di quercia molto giovani, massimo due anni e piuttosto vicino al tronco. Basta prendere con due dita una bacca e schiacciarla direttamente sul ramo, la sostanza appiccicosa che l’avvolge farà aderire il seme. Io, le prime volte, usavo proteggere il seme con una garza, tenuta staccata dal seme con una piccola spirale di fil di ferro, questo per due motivi: il primo per evitare che eventuali uccelli potessero mangiarlo, il secondo per identificare con facilità il punto dove l’avevo “seminata”; dato i tempi lunghi per la germinazione si rischia di perderla di vista.
Dopo non ti resta che aspettare.

Tra un anno fammi sapere...
Renato