I vecchi, saggi contadini del lontano estremo oriente raccontano una bellissima favola.
C’era una volta, così devono cominciare le favole, un piccolo paese di campagna vicino al grande giardino d’estate del potente principe.
In questo paese, di poche povere case con il tetto di paglia, ma che avevano un aspetto molto dolce, ogni casa aveva attorno un orto e c’era un’unica piazza con al centro, all’ombra di un grande salice pendulo, il pozzo che dava l’acqua a tutti gli abitanti.
Variopinte galline giravano tra le strade polverose, dove si sentiva l’allegro frinire dei grilli.
In una di queste case vivevano fratello e sorella. Non avevano più i genitori, ma la sorella, ormai quasi ragazza, aveva cresciuto con fatica ma molta serenità il fratello di tre anni più giovane.
Si avvicinava la festa di Fior di Loto, così si chiamava la ragazza, e il fratello voleva regalarle qualcosa, ma in paese non c’era nulla e gli alberi non avevano ancora la frutta; era primavera.
Un grande ruscello divideva il paese dal giardino del potente principe e il fratello di Fior di Loto, camminando sul sentiero che costeggiava il ruscello, vide un bellissimo ciuffo di fiori bianchi sulla sponda opposta. Subito pensò a quanto sarebbero piaciuti a Fior di Loto; sapeva che era proibito entrare nel giardino del principe, ma non resistette al pensiero della gioia che avrebbe provato la sorella nel ricevere i fiori, pensava anche di non fare alcun danno al giardino del principe.
Arrampicandosi sui nodosi rami di un salice contorto che si sporgeva sul ruscello riuscì ad attraversarlo; aveva, con timore ed emozione, raccolto il primo fiore quando arrivarono le guardie del palazzo!
Fior di Loto ritornando dal lavoro nei campi non trovò suo fratello ad aspettarla come tutte le sere. Lo cercarono tutti, nel paese e nei dintorni, Fior di Loto era molto preoccupata e quando giunse la notizia che le guardie lo avevano portato via si disperò.
Piangendo corse al castello e chiese di parlare con il principe. Costui era un uomo molto severo e intransigente, che non perdonava mai gli errori dei suoi sudditi. Ascoltò le suppliche della ragazza ai suoi piedi, la osservò con malizia; era molto carina Fior di Loto, e volle divertirsi un po’.
- Non merita nessuna pietà chi entra nel mio giardino e mi ruba i fiori! - Disse. - Ma per questa unica volta voglio ascoltare le tue preghiere; trovami l’albero che ha le foglie d’oro e io libererò tuo fratello, altrimenti fin che vivrà lavorerà nelle mie stalle per ripagarmi del danno subito.
Fior di Loto lo ringraziò e corse via.
Ritornata in paese chiese dove si trovava l’albero dalle foglie d’oro. Nessuno lo conosceva.
Cominciò a cercarlo nei boschi, si allontanò dal paese, cercò sulle montagne e nelle valli. I giorni passavano, lei era sempre più triste, non si curava neanche più del grillo che aveva nella gabbietta di bambù, così i vicini lo liberarono. Chiese ai vecchi saggi di paesi lontani, qualcuno ricordava qualcosa ma nessun consiglio le fu utile.
Lo cercò di notte nei boschi, pensando che nell’oscurità i raggi della luna potessero illuminarlo meglio.
Era disperata, e non sapendo più cosa fare, un giorno prese le forbici e della vernice gialla e andò nel bosco.
Cercò un albero piccolo e con grandi foglie, ritagliò la forma delle foglie fino a creare dei piccoli ventagli. Le foglie dovevano avere una forma diversa da quella di tutti gli altri alberi, poi le dipinse una ad una con la vernice gialla.
Corse dal principe, piena di paure e di speranze. - Ho trovato l’albero dalle foglie d’oro!
Il principe incredulo, accompagnato da tutto il suo seguito, la seguì nel bosco e davanti all’alberetto rimase senza parole; capì subito l’inganno, ma guardando i begli occhi tristi e pieni di speranza di Fior di Loto, il suo duro cuore per una volta si intenerì e liberò il ragazzo.
L’alberetto si vergognava un poco della sua diversità dagli altri e volle sempre rimanere piccolo per non mettersi molto in mostra, cercò anche di restare un po’ all’ombra, di non essere troppo alla luce dei raggi del sole.
Era nato l’Acer shirasawanum aureum!
C’era una volta, così devono cominciare le favole, un piccolo paese di campagna vicino al grande giardino d’estate del potente principe.
In questo paese, di poche povere case con il tetto di paglia, ma che avevano un aspetto molto dolce, ogni casa aveva attorno un orto e c’era un’unica piazza con al centro, all’ombra di un grande salice pendulo, il pozzo che dava l’acqua a tutti gli abitanti.
Variopinte galline giravano tra le strade polverose, dove si sentiva l’allegro frinire dei grilli.
In una di queste case vivevano fratello e sorella. Non avevano più i genitori, ma la sorella, ormai quasi ragazza, aveva cresciuto con fatica ma molta serenità il fratello di tre anni più giovane.
Si avvicinava la festa di Fior di Loto, così si chiamava la ragazza, e il fratello voleva regalarle qualcosa, ma in paese non c’era nulla e gli alberi non avevano ancora la frutta; era primavera.
Un grande ruscello divideva il paese dal giardino del potente principe e il fratello di Fior di Loto, camminando sul sentiero che costeggiava il ruscello, vide un bellissimo ciuffo di fiori bianchi sulla sponda opposta. Subito pensò a quanto sarebbero piaciuti a Fior di Loto; sapeva che era proibito entrare nel giardino del principe, ma non resistette al pensiero della gioia che avrebbe provato la sorella nel ricevere i fiori, pensava anche di non fare alcun danno al giardino del principe.
Arrampicandosi sui nodosi rami di un salice contorto che si sporgeva sul ruscello riuscì ad attraversarlo; aveva, con timore ed emozione, raccolto il primo fiore quando arrivarono le guardie del palazzo!
Fior di Loto ritornando dal lavoro nei campi non trovò suo fratello ad aspettarla come tutte le sere. Lo cercarono tutti, nel paese e nei dintorni, Fior di Loto era molto preoccupata e quando giunse la notizia che le guardie lo avevano portato via si disperò.
Piangendo corse al castello e chiese di parlare con il principe. Costui era un uomo molto severo e intransigente, che non perdonava mai gli errori dei suoi sudditi. Ascoltò le suppliche della ragazza ai suoi piedi, la osservò con malizia; era molto carina Fior di Loto, e volle divertirsi un po’.
- Non merita nessuna pietà chi entra nel mio giardino e mi ruba i fiori! - Disse. - Ma per questa unica volta voglio ascoltare le tue preghiere; trovami l’albero che ha le foglie d’oro e io libererò tuo fratello, altrimenti fin che vivrà lavorerà nelle mie stalle per ripagarmi del danno subito.
Fior di Loto lo ringraziò e corse via.
Ritornata in paese chiese dove si trovava l’albero dalle foglie d’oro. Nessuno lo conosceva.
Cominciò a cercarlo nei boschi, si allontanò dal paese, cercò sulle montagne e nelle valli. I giorni passavano, lei era sempre più triste, non si curava neanche più del grillo che aveva nella gabbietta di bambù, così i vicini lo liberarono. Chiese ai vecchi saggi di paesi lontani, qualcuno ricordava qualcosa ma nessun consiglio le fu utile.
Lo cercò di notte nei boschi, pensando che nell’oscurità i raggi della luna potessero illuminarlo meglio.
Era disperata, e non sapendo più cosa fare, un giorno prese le forbici e della vernice gialla e andò nel bosco.
Cercò un albero piccolo e con grandi foglie, ritagliò la forma delle foglie fino a creare dei piccoli ventagli. Le foglie dovevano avere una forma diversa da quella di tutti gli altri alberi, poi le dipinse una ad una con la vernice gialla.
Corse dal principe, piena di paure e di speranze. - Ho trovato l’albero dalle foglie d’oro!
Il principe incredulo, accompagnato da tutto il suo seguito, la seguì nel bosco e davanti all’alberetto rimase senza parole; capì subito l’inganno, ma guardando i begli occhi tristi e pieni di speranza di Fior di Loto, il suo duro cuore per una volta si intenerì e liberò il ragazzo.
L’alberetto si vergognava un poco della sua diversità dagli altri e volle sempre rimanere piccolo per non mettersi molto in mostra, cercò anche di restare un po’ all’ombra, di non essere troppo alla luce dei raggi del sole.
Era nato l’Acer shirasawanum aureum!