Ogni stagione ha il suo fascino, ed è diverso per ognuno di noi.
Io amo le stagioni intermedie, non apprezzo gli estremi. Le mie preferenze si dividono tra la primavera e l’autunno. L’autunno è molto influenzato dall’andamento del tempo. Ci sono state stagioni in cui le mie ginkgobilobe non hanno neanche cambiato colore. Dopo il protrarsi delle giornate calde, improvvise forti gelate hanno trovato le foglie ancora completamente verdi e ne hanno provocato la caduta, in un attimo, senza cambiamenti di colore. L’autunno, con le sue tinte calde, le giornate spesso velate, mi comunica calma, tranquillità. E’ una stagione paziente, invoglia a riflettere, a fare progetti, a sognare.
La primavera è più incalzante e più scontata, forse in me che non amo il freddo, produce anche un effetto psicologico, segna la fine dell’inverno, di lunghi mesi di inattività (in giardino s’intende), di maglioni, giacche a vento, finestre chiuse, è una sorta di liberazione.
Nei miei boschi del nord Italia il momento più magico coincide con la fioritura della Silvia (anemone nemorosa).
La sua fioritura che io giudico spettacolare, per alcuni sarà poco appariscente - i fiori sono piccoli, fugaci e di colore bianco - ma può creare una coltre bellissima, questo momento rappresenta una delle massime sensazioni che la natura mi può trasmettere. La fioritura è spettacolare anche per il contesto in cui avviene: boschi in posizione fresca a volte attraversati da un piccolo ruscello, molto cupi d’estate e monocolori, irriconoscibili.
Il risveglio della silvia coincide con il risveglio di tutte le piante dopo il riposo invernale. Dagli alberi spuntano le prime foglioline, rade, esili, ma soprattutto di un bellissimo verde tenero. I boschi assumono una trasparenza smeraldina; più avanti nella stagione la vista sarà ostacolata dall’eccesso di foglie, il verde si farà più intenso e cupo, i raggi del sole saranno ostacolati dalla chioma degli alberi.
Insieme alla silvia le piante vivaci del sottobosco si risvegliano, ognuna a modo suo. Le felci cominciano a srotolare le loro foglie. Se avrete la fortuna di trovare una colonia di matteuccia rimarrete incantati nel vedere questa grande felce che al momento del risveglio vegetativo può anche assumere riflessi azzurri.
Tutto è una promessa di quello che sarà di li a poco, e io devo dire che ho sempre amato molto il momento della promessa. Forse sono le mie conoscenze contadine e giardiniere che mi portano a vedere “più avanti”, ad apprezzare di più la pianta in boccio di quella in fiore. Forse i miei occhi anticipano la natura e nella pianta in piena fioritura, nel massimo rigoglio vedo già l’appassimento che seguirà.
Nei miei boschi le primule precedono la fioritura della silvia, poi ci sono le violette, l’anemone fegatella. Tutte queste piante subito dopo la fioritura cominceranno a “perdere”. Le poche foglie della silvia appassiranno molto in fretta e la pianta avrà un lungo periodo di riposo, le primule e le violette al contrario svilupperanno troppo le foglie.
Sono splendidi e più precoci anche i leucojum vernum, il falso bucaneve, molto più belli singolarmente, ma che non riescono a costituire distese infinite come l’anemone nemorosa
Con l’avanzare della stagione tutti gli spazi del rado sottobosco verranno occupati dalla vegetazione, sempre più folta, sempre più rigogliosa ed esuberante, al punto da infastidirmi, per il fatto di vedere una sorta di prepotenza in una pianta più vigorosa rispetto ad un’altra.
Questo è anche il momento in cui bisogna pensare ad un minimo di lavori per il controllo della vegetazione se si vuole avere un “bosco-giardino”. Per quanto sia affascinante osservare la natura “libera”, occorre sempre un’attenzione, diversamente l’espandersi dei rovi e delle vitalbe, o il proliferare del sambuco, ne impedirebbero persino il passaggio.
Ho voluto trasformare, un bosco di robinie - poiché un bosco di robinie ai miei occhi difficilmente può essere magico - in un misto di querce, faggi e carpini, e vi assicuro che non è un’impresa da poco. Ora, lentamente, sto introducendo, a grandi gruppi, un sottobosco di piante vivaci particolari, ellebori, polygonatum, convallarie, anemone fegatella, asarum, ciclamini, tutte piante selvatiche.
Il mio giardino deve essere guidato con mano leggera, non stravolto, mi sento più a mio agio, ma soprattutto lo trovo più affascinante.
Poi, c’è la primavera dei giardini, molto più ricca, molto più variopinta, molto più artificiosa.
E’ la primavera delle bulbose, delle forsythie, dei prunnus triloba, delle cidonie, dei malus, delle magnolie, l’elenco potrebbe continuare, ma sarebbe troppo lungo... E anche troppo colorato.
Anche lei ha il suo fascino, il fascino che emana una splendida donna, un po’ vistosa però.
Diventa difficile parlare della primavera nei giardini, perché quando le piante, i fiori sono troppi, non si sa mai da dove iniziare.
Dalle bulbose? C’è stato chi ha voluto forse inconsapevolmente copiare le distese della silvia, introducendo però i colori, sono così nate le azzurre coltri dei muscari, le variopinte distese dei crocus; belle, impressionanti, ma collocate in grandi spazi aperti ai miei occhi sembrano meno naturali.
Li vedrei bene ambientati in modo più spontaneo, bellissime macchie azzurre o gialle, ma certamente monocolore e irregolari, che seguono il bordi di un bosco, che si insinuano dentro, fin dove il bosco è più luminoso. Non mancano i grandi parchi in cui realizzare questo spettacolo.
Per i tulipani è diverso, sono diventati piante da “aiuola fiorita”. In quel modo esprimono il meglio, ma io non sono molto portato per le aiuole fiorite. Trovo molto belli i grandi tulipani ibridi come fiore reciso, anche se certe specie botaniche con il loro fascino più discreto, possono inserirsi molto bene in un giardino.
Apprezzo di più i narcisi. Oggi ci sono splendide varietà e cultivar, anche se non sono ancora riusciti a introdurre i colori dei tulipani sono ormai molto diversi tra loro, ma io resto affezionato alle vecchie e comuni trombette gialle.
Certe erbacee sono facili da inserire nei giardini, anche perché sembrano nate lì, non occorre neppure collocarle a gruppi come per gli arbusti. Le hoste, le dicentre, le peonie, l’acanthus, l’eupatorium, l’eringium, i lupinus, le ligularie e così via, possono anche stare a ceppi singoli, basta posizionarli al punto giusto, con una voluta casualità e questo dipende dal gusto di chi realizza un giardino. La loro primavera è splendida: come non apprezzare i giovani getti bronzei delle peonie erbaccee? Simili a turioni, come di quelli delle hoste, prima che si aprano le foglie.
Ho voluto descrivere la “mia” primavera, fatta di colori tenui, trame leggere, una primavera un po’ timida e poco vistosa.
Io amo le stagioni intermedie, non apprezzo gli estremi. Le mie preferenze si dividono tra la primavera e l’autunno. L’autunno è molto influenzato dall’andamento del tempo. Ci sono state stagioni in cui le mie ginkgobilobe non hanno neanche cambiato colore. Dopo il protrarsi delle giornate calde, improvvise forti gelate hanno trovato le foglie ancora completamente verdi e ne hanno provocato la caduta, in un attimo, senza cambiamenti di colore. L’autunno, con le sue tinte calde, le giornate spesso velate, mi comunica calma, tranquillità. E’ una stagione paziente, invoglia a riflettere, a fare progetti, a sognare.
La primavera è più incalzante e più scontata, forse in me che non amo il freddo, produce anche un effetto psicologico, segna la fine dell’inverno, di lunghi mesi di inattività (in giardino s’intende), di maglioni, giacche a vento, finestre chiuse, è una sorta di liberazione.
Nei miei boschi del nord Italia il momento più magico coincide con la fioritura della Silvia (anemone nemorosa).
La sua fioritura che io giudico spettacolare, per alcuni sarà poco appariscente - i fiori sono piccoli, fugaci e di colore bianco - ma può creare una coltre bellissima, questo momento rappresenta una delle massime sensazioni che la natura mi può trasmettere. La fioritura è spettacolare anche per il contesto in cui avviene: boschi in posizione fresca a volte attraversati da un piccolo ruscello, molto cupi d’estate e monocolori, irriconoscibili.
Il risveglio della silvia coincide con il risveglio di tutte le piante dopo il riposo invernale. Dagli alberi spuntano le prime foglioline, rade, esili, ma soprattutto di un bellissimo verde tenero. I boschi assumono una trasparenza smeraldina; più avanti nella stagione la vista sarà ostacolata dall’eccesso di foglie, il verde si farà più intenso e cupo, i raggi del sole saranno ostacolati dalla chioma degli alberi.
Insieme alla silvia le piante vivaci del sottobosco si risvegliano, ognuna a modo suo. Le felci cominciano a srotolare le loro foglie. Se avrete la fortuna di trovare una colonia di matteuccia rimarrete incantati nel vedere questa grande felce che al momento del risveglio vegetativo può anche assumere riflessi azzurri.
Tutto è una promessa di quello che sarà di li a poco, e io devo dire che ho sempre amato molto il momento della promessa. Forse sono le mie conoscenze contadine e giardiniere che mi portano a vedere “più avanti”, ad apprezzare di più la pianta in boccio di quella in fiore. Forse i miei occhi anticipano la natura e nella pianta in piena fioritura, nel massimo rigoglio vedo già l’appassimento che seguirà.
Nei miei boschi le primule precedono la fioritura della silvia, poi ci sono le violette, l’anemone fegatella. Tutte queste piante subito dopo la fioritura cominceranno a “perdere”. Le poche foglie della silvia appassiranno molto in fretta e la pianta avrà un lungo periodo di riposo, le primule e le violette al contrario svilupperanno troppo le foglie.
Sono splendidi e più precoci anche i leucojum vernum, il falso bucaneve, molto più belli singolarmente, ma che non riescono a costituire distese infinite come l’anemone nemorosa
Con l’avanzare della stagione tutti gli spazi del rado sottobosco verranno occupati dalla vegetazione, sempre più folta, sempre più rigogliosa ed esuberante, al punto da infastidirmi, per il fatto di vedere una sorta di prepotenza in una pianta più vigorosa rispetto ad un’altra.
Questo è anche il momento in cui bisogna pensare ad un minimo di lavori per il controllo della vegetazione se si vuole avere un “bosco-giardino”. Per quanto sia affascinante osservare la natura “libera”, occorre sempre un’attenzione, diversamente l’espandersi dei rovi e delle vitalbe, o il proliferare del sambuco, ne impedirebbero persino il passaggio.
Ho voluto trasformare, un bosco di robinie - poiché un bosco di robinie ai miei occhi difficilmente può essere magico - in un misto di querce, faggi e carpini, e vi assicuro che non è un’impresa da poco. Ora, lentamente, sto introducendo, a grandi gruppi, un sottobosco di piante vivaci particolari, ellebori, polygonatum, convallarie, anemone fegatella, asarum, ciclamini, tutte piante selvatiche.
Il mio giardino deve essere guidato con mano leggera, non stravolto, mi sento più a mio agio, ma soprattutto lo trovo più affascinante.
Poi, c’è la primavera dei giardini, molto più ricca, molto più variopinta, molto più artificiosa.
E’ la primavera delle bulbose, delle forsythie, dei prunnus triloba, delle cidonie, dei malus, delle magnolie, l’elenco potrebbe continuare, ma sarebbe troppo lungo... E anche troppo colorato.
Anche lei ha il suo fascino, il fascino che emana una splendida donna, un po’ vistosa però.
Diventa difficile parlare della primavera nei giardini, perché quando le piante, i fiori sono troppi, non si sa mai da dove iniziare.
Dalle bulbose? C’è stato chi ha voluto forse inconsapevolmente copiare le distese della silvia, introducendo però i colori, sono così nate le azzurre coltri dei muscari, le variopinte distese dei crocus; belle, impressionanti, ma collocate in grandi spazi aperti ai miei occhi sembrano meno naturali.
Li vedrei bene ambientati in modo più spontaneo, bellissime macchie azzurre o gialle, ma certamente monocolore e irregolari, che seguono il bordi di un bosco, che si insinuano dentro, fin dove il bosco è più luminoso. Non mancano i grandi parchi in cui realizzare questo spettacolo.
Per i tulipani è diverso, sono diventati piante da “aiuola fiorita”. In quel modo esprimono il meglio, ma io non sono molto portato per le aiuole fiorite. Trovo molto belli i grandi tulipani ibridi come fiore reciso, anche se certe specie botaniche con il loro fascino più discreto, possono inserirsi molto bene in un giardino.
Apprezzo di più i narcisi. Oggi ci sono splendide varietà e cultivar, anche se non sono ancora riusciti a introdurre i colori dei tulipani sono ormai molto diversi tra loro, ma io resto affezionato alle vecchie e comuni trombette gialle.
Certe erbacee sono facili da inserire nei giardini, anche perché sembrano nate lì, non occorre neppure collocarle a gruppi come per gli arbusti. Le hoste, le dicentre, le peonie, l’acanthus, l’eupatorium, l’eringium, i lupinus, le ligularie e così via, possono anche stare a ceppi singoli, basta posizionarli al punto giusto, con una voluta casualità e questo dipende dal gusto di chi realizza un giardino. La loro primavera è splendida: come non apprezzare i giovani getti bronzei delle peonie erbaccee? Simili a turioni, come di quelli delle hoste, prima che si aprano le foglie.
Ho voluto descrivere la “mia” primavera, fatta di colori tenui, trame leggere, una primavera un po’ timida e poco vistosa.
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