domenica 3 dicembre 2006

Ursula Salghetti Drioli

Ci eravamo incontrati per caso a un convegno, un’altra volta alla mostra mercato di Masino; poche parole scambiate, anche se gli argomenti non sarebbero mancati.
Sapevo che era presidente dell’A.D.I.P.A. un’associazione che vuole promuovere la diffusione delle piante per amatori. Avevo capito che era un “personaggio” del mondo delle piante, che aveva un percorso interessante da ascoltare, da raccontare.
Cresciuta a Livorno, il mare era parte della sua vita e del suo lavoro di biologa marina, ricercatrice universitaria specializzata sulle alghe marine.
Ora è in qualche modo ritornata al mare, questa volta è il mare Ligure, al confine con la Francia, proprio vicino a Villa Hambury.
Una posizione splendida, un microclima invidiabile, una vista mozzafiato, nella limpida giornata della mia visita lo sguardo arrivava fino alle rocce rosse dell’Esterel.
In questo paradiso Ursula passa la maggior parte del suo tempo, a contatto con le piante, in un rapporto con la natura sempre più stretto.
Passeggiare con lei nel grande parco di Villa Boccanegra, 3/4 ettari, che dalla splendida casa scendono direttamente sul mare, è una sorpresa continua.
Scopro le sue qualità “giardiniere”, perché vuole vedere le piante non solo crescere, ma anche nascere.
Il parco è disseminato di piante rare, anzi, più che rare sconosciute ai più, frutto della sua ricerca e raccolta di semi nelle parti più lontane del mondo, in special modo nell’emisfero sud.
Parte da lontano la sua passione per le piante; mi racconta di un nonno innamorato di campagna, di vigne e di giardinaggio, e lei già da bambina era attratta dal giardino del nonno, tant’è che al compimento dei 15 anni come regalo volle una piccola serra tutta sua. Questa serra ancora c’è a Livorno, mi dice con una sorta di soddisfazione, e ricorda quante emozioni e opportunità le ha consentito.
Più tardi incontrerà Guido Piacenza, personaggio che non è necessario presentare, conosciuto oltre i confini d’Italia, grande appassionato ed esperto di piante, con una importante storia familiare, tre generazioni che hanno lasciato segni visibili nel mondo dei giardini botanici.
Questo incontro cambierà la vita a Ursula.
Pollone, vicino a Biella, il paese del marito, con il grande giardino di Villa Piacenza offre un mondo di occasioni e opportunità impensabili ai suoi occhi curiosi e avidi di piante e natura.
Poi la difficile scelta, lascia il lavoro di biologa marina e si stabilisce a Pollone, iniziando ad occuparsi del vivaio di piante rare e speciali già creato dal marito Guido.
Rimessa a nuovo, la grande serra liberty, presenza classica nelle ville d’epoca importanti, diventa il suo regno.
Due personalità botaniche molto diverse, che si completano e arricchiscono a vicenda. Non poteva esserci unione migliore. Lei infaticabile sperimentatrice, non si arrende mai, deve provare, seminare ogni pianta contro ogni aspettativa, e i risultati il più delle volte le danno ragione; la nascita di una piantina è sempre un piccolo miracolo, diverso ogni volta da un seme all’altro.
Lui più concreto, con una visione più estetica del giardino.
Forse il richiamo del mare, con gli studi e le ricerche giovanili, forse il fascino delle piante mediterranee della sua Toscana, l’hanno portata a Villa Boccanegra, ora Giardino Piacenza.
Questa splendida proprietà è arrivata alla famiglia Piacenza nel 1969. Ha avuto molti proprietari, forse chi gli ha dedicato più passione è stata Ellen Willmott, ricca ereditiera inglese, che dedicò parte della sua vita ad abbellire il giardino, che conobbe e acquisì grazie all’amicizia e alle frequentazioni con Thomas Hanbury
Mi viene da pensare a quante splendide proprietà esistono grazie al gusto e all’amore di personaggi Inglesi per l’Italia.
Questo paradiso, non solo botanico, poco alla volta sta diventando per Ursula più di una casa di vacanza, ormai vi passa più tempo che non alla villa di Pollone.
Forse lo splendido clima e terreno del Biellese, che ha consentito ai rododendri piantati da Felice Piacenza - nonno di Guido - nel Parco della Burcina di diventare alberi, ma non permetteva a un mondo di piante più bisognose di caldo di svilupparsi le è parso un limite.
Forse come a tutti i veri giardinieri la voglia di non avere confini nelle esperienze l’ha portata nuovamente sul mare, mare che non ha mai dimenticato, tanto che conserva l’abitudine di un bagno quotidiano, anche d’inverno.
Anche in questo luogo, con un clima privilegiato, non poteva mancare una serra, dove poter seguire in ambiente protetto la nascita dei suoi speciali semi e tenere tutta una serie di piante sensibili agli inverni, magari non troppo freddi, ma sempre un po’ umidi.
Sono molto diversi i due giardini dove Ursula ha potuto coltivare la sua passione, sbizzarrirsi nel seminare ogni pianta più rara e strana, a volte sotto lo sguardo un po’ da “paziente giardiniere inglese” del marito Guido.
Il giardino di Pollone, vicino a Biella era “maturo”, creato da nonno Felice; ricco di piante sempreverdi, sia conifere che le immancabili acidofile, perché il clima e il terreno è vocato per rododendri e camelie. Negli anni è stato perfezionato da Guido e arricchito di piante spoglianti, per dare luce, colore e permeabilità all’insieme.
Il giardino di Ventimiglia offriva quella luminosità, quei profumi di piante mediterranee, quei colori verdi meno scontati, e soprattutto ai suoi piedi c’era il mare.
Per Ursula inoltre credo che in questo giardino si senta più libera, libera di piantare ogni pianta che vuole vedere crescere senza il timore di rompere l’equilibrio dell’atmosfera inglese che si respira a Pollone.
In questa stagione è un posto magico; dal terrazzo panoramico che spazia sul parco e sul mare, con due splendidi vasi di Dichondra argentea, si poteva osservare il continuo passo di tanti piccoli uccelli migratori, che seguivano la costa in direzione sud, e Guido, esperto ornitologo, ad ogni passaggio mi segnalava il loro volo e il nome.
Poiché non sfugge nulla di cosa succede nel loro giardino, attenti osservatori della natura non poteva passare inosservato un grande bruco verde con striature blu.
E’ raro incontrare il bruco della sfinge testa di morto (Acherontia atropos), le dimensioni e il colore lo rendono un po’ inquietante. I bruchi della sfinge si nutrono di solanaceae e oleaceae, non poteva trovare posto più adatto. L’adulto ha abitudini notturne ed è ancora più raro poterlo osservare.
Percorrendo lo stradino che porta al mare, all’ombra di alberi centenari (ulivi, arbutus, yucche, eucalipti encephalartos e quanti altri) credo risalenti ancora a Ellen Willmott, ogni passo è una sorpresa: io, abituato al clima di Torino, poco conoscitore di giardini e piante mediterranee, tante volte mi fermavo di fronte a delle begonie particolari, o a un bel gruppo di tillandsie, oppure era un platycerium, e quante volte la mia domanda era - Ma questa pianta passa l’inverno qui? Quasi sempre la sua risposta, con mia sorpresa, era affermativa.
Vicino alla serra non poteva mancare lo spazio per l’orto; come vorrei avere un orto in questo clima! Nel freddo inverno torinese d’inverno il terreno è un blocco di ghiaccio.
Anche lo splendido cespuglio di Semele androgyna, strana Liliacea, un vigoroso rampicante sempreverde alto fino a 6 metri, ha bisogno di questo clima per vivere, così come la dalia gigante Dahlia imperiale, che può superare i tre metri di altezza.
In un angolo ben riparato prospera anche il tropicale frangipane, ma l’elenco sarebbe molto lungo... e sicuramente si arricchirà ancora di piante nuove.

0 commenti: