Dovrebbe essere facile parlare del “personaggio” Giustina, facile per il posto che occupa; credo che tutti i giardinieri vorrebbero poter lavorare nei giardini Borromeo, ma lavorare come lui, intervenire in modo incisivo sul giardino, con piccoli continui aggiustamenti, nuove introduzioni, che in pochi anni - e a un osservatore attento non può sfuggire - porta ad avvicinare i suoi giardini al suo modo di essere. Anche fisicamente si presta come personaggio. E’ vero, la sua alta statura, la sua riservatezza, incutono un po’ di soggezione, il sapere chi hai di fronte, ci pone in leggero imbarazzo. La prima volta che l’ho incontrato speravo che tra noi potesse scattare una simpatia, nascere un’amicizia che portasse a uno scambiarsi le proprie esperienze. Si hanno tante cose in comune, ma nate da esperienze così diverse, che un incontro diventa un po’ come iniziare un libro nuovo e appassionante.
Ci sono parchi storici importanti, per le presenze di importanti costruzioni come grandi ville o castelli. Sono di solito di proprietà pubbliche, Regioni, Stato. Imponenti alberi secolari trasmettono un fascino d’altri tempi. Sono quelli che io definisco i parchi morti!
Vivono per il passato, non hanno giardinieri che se ne occupano, non hanno curatori all’altezza, passeggiando nei loro maestosi parchi mi sembra di percorrere un cimitero monumentale. Niente si rinnova, vivono grazie alla lungimiranza e alla capacità delle persone che li hanno creati; e non è vero che mancano i fondi. Mancano le persone!
I Giardini delle isole Borromeo, grazie a Giustina, sono vivi e vivaci. Immediatamente c’è questa percezione. Ogni passo, ogni angolo del giardini dell’Isola Madre, porta un segno della sua attenzione, della sua presenza.
E’ ben vero che un’isola in mezzo ad un lago offre delle opportunità climatiche invidiabili, ma bisogna saperle cogliere, bisogna avere la capacità, ma anche l’umiltà di provare.
Nel caso di Giustina e dei “suoi” giardini, si è inoltre verificato quel raro evento che determina la differenza in un giardino; non è mancata la fiducia, la disponibilità e il gusto dei Principi Giberto e Bona Borromeo, che non hanno posto limiti alla passione del loro giardiniere, meglio dire direttore dei loro parchi.
Giustina ha avuto un’altra grande opportunità, che è mancata a me e che gli invidio molto. Ha potuto incontrare, misurarsi, con i più grandi e famosi giardinieri che arrivavano da tutto il mondo per visitare questo paradiso. Il lago Maggiore è sempre stato molto amato, specialmente dagli inglesi, basta pensare al Cap. McEacharn, che ha creato un’altro tesoro, Villa Taranto.
La compianta Baronessa Jelena De Belder volle averlo suo ospite per una intensa settimana giardiniera, e lui ricorda con commozione gli scambi di esperienze e, tra le altre cose, la sua insuperabile collezione di Hamamelis.
Anche con Sir Peter Smithers è nata una stima, un’intesa che dura da molti anni, e Giustina ritiene di aver avuto molto dalla sua amicizia; io aggiungo che sicuramente è stato uno scambio, qualcosa avrà avuto senz'altro anche Sir Peter Smithers.
La passione per le piante era sicuramente nel suo genoma e lui stesso racconta che a sei anni faceva già le talee di gerani. Forse i nonni contadini gli hanno trasmesso queste peculiarità.
Più avanti, la prima scuola di giardinaggio, poi il trasferimento a Sanremo presso l’Istituto professionale per l’Agricoltura “Domenico Aicardi”.
La Riviera dei Fiori offriva molte opportunità “extra scolastiche” al giovane Giustina: le frequentazioni di Villa Hanbury, i giardini delle grandi ville, i floricoltori, il giardino esotico di Montecarlo. Tutto questo costituì il suo percorso formativo che tutt’ora continua perché un giardiniere è come un ricercatore, c’è sempre qualche nuovo obbiettivo da perseguire.
Negli anni è stata una ricerca, una sperimentazione continua e che continua.
E’ riuscito a raccogliere collezioni uniche di generi e famiglie anche molto lontane tra di loro; sono 22 le diverse glicini che si possono ammirare all’Isola Madre, e poi le le magnoliaceae che non si fermano al genere Magnolia, ma comprendono le Manglietie e le Michelie. La collezione di theaceae, con specie di difficile ambientazione è la più vasta che io abbia mai visto.
E’ riuscito ad ambientare, anche per il particolare microclima dovuto alle acque del lago, piante che non si vedono a queste latitudini, quando è necessario ricorrendo a lievi protezioni invernali, studiate pianta per pianta; in questo modo le grandi felci australiane (Cyathea, Dicksonia) non devono più essere ritirate durante l’inverno.
Lungo il muro sud della grande villa crescono da dieci anni le Boungavillee. Da qualche anno fioriscono le rare Protee e delicati Jasminum ricordano la loro presenza con la fragranza dei fiori, che si unisce al profumo della storica collezione di agrumi che lui stesso ha ricostituito. Con queste scelte difficili, Giustina vuole stupire e meravigliare i visitatori, in particolare i molti provenienti dall’estero, sempre più preparati e avidi di piante rare; gli stessi intenti dei grandi giardinieri del passato.
E poi c’è il suo giardino, a Borgomanero dove abita, sempre in trasformazione, sempre da finire, perché i giardinieri - così è anche per me - sono molto riflessivi quando si tratta di fare il proprio giardino, possono apparire anche lenti nel prendere decisioni, soprattutto, non sono mai soddisfatti dei risultati. Ogni cosa, dalla pianta più minuta a qualsiasi oggetto o pietra introdotta, deve essere al posto giusto, come diceva Russel Page, la posizione giusta è una e una sola, sia come ubicazione che come verso. Questa grande ricercatezza non appare proprio, anzi, un giardino deve trasmettere emozioni lievi e naturali. Non deve vedersi questo grande lavoro che è stato fatto a monte per raggiungere l’equilibrio visivo dell’insieme.
Immagino le complicazioni - molte di più per Gianfranco che non per me - ogni volta che un amico speciale le regalava una pianta particolare per il suo giardino. E’ molto difficile introdurre una pianta nuova in un giardino già “pensato”, eppure la preziosità della pianta, il rispetto per l’amico che l’ha regalata, spesso obbliga ad aggiungere una splendida pianta che può alterare non tanto l’equilibrio del giardino, ma piuttosto l’equilibrio che noi abbiamo immaginato.
Oggi Giustina sovrintende il lavoro di venti giardinieri, ma nel 1976, quando iniziò la sua particolare avventura con i Giardini Borromeo, non è stato facile.
Un giardino su un’isola è un paradiso e un sogno di tutti, ma bisogna dire che i problemi non mancano. Su un’isola, tutto deve essere portato, compresa la terra e la ghiaia, e la superficie della sola Isola Madre è di quasi otto ettari!
Giustina per tutta la settimana si occupa non solo dei giardini delle due isole e dei problemi connessi, spesso viene anche richiesta la sua partecipazione a dibattiti e conferenze; insomma, la settimana è molto piena e il tempo da dedicare al suo giardino molto ridotto.
Gli manca anche il tempo per un’idea che ha in testa, e io spero proprio che riesca a realizzarla: riunire le esperienze di una vita in un libro. Avrebbe molto da raccontare, e mi piacerebbe che parlasse non solo delle sue esperienze nel campo delle piante, ma anche dei personaggi importanti e non, che ha conosciuto e che si possono incontrare solo in pochi posti speciali, come l’Isola Madre.
Ci sono parchi storici importanti, per le presenze di importanti costruzioni come grandi ville o castelli. Sono di solito di proprietà pubbliche, Regioni, Stato. Imponenti alberi secolari trasmettono un fascino d’altri tempi. Sono quelli che io definisco i parchi morti!
Vivono per il passato, non hanno giardinieri che se ne occupano, non hanno curatori all’altezza, passeggiando nei loro maestosi parchi mi sembra di percorrere un cimitero monumentale. Niente si rinnova, vivono grazie alla lungimiranza e alla capacità delle persone che li hanno creati; e non è vero che mancano i fondi. Mancano le persone!
I Giardini delle isole Borromeo, grazie a Giustina, sono vivi e vivaci. Immediatamente c’è questa percezione. Ogni passo, ogni angolo del giardini dell’Isola Madre, porta un segno della sua attenzione, della sua presenza.
E’ ben vero che un’isola in mezzo ad un lago offre delle opportunità climatiche invidiabili, ma bisogna saperle cogliere, bisogna avere la capacità, ma anche l’umiltà di provare.
Nel caso di Giustina e dei “suoi” giardini, si è inoltre verificato quel raro evento che determina la differenza in un giardino; non è mancata la fiducia, la disponibilità e il gusto dei Principi Giberto e Bona Borromeo, che non hanno posto limiti alla passione del loro giardiniere, meglio dire direttore dei loro parchi.
Giustina ha avuto un’altra grande opportunità, che è mancata a me e che gli invidio molto. Ha potuto incontrare, misurarsi, con i più grandi e famosi giardinieri che arrivavano da tutto il mondo per visitare questo paradiso. Il lago Maggiore è sempre stato molto amato, specialmente dagli inglesi, basta pensare al Cap. McEacharn, che ha creato un’altro tesoro, Villa Taranto.
La compianta Baronessa Jelena De Belder volle averlo suo ospite per una intensa settimana giardiniera, e lui ricorda con commozione gli scambi di esperienze e, tra le altre cose, la sua insuperabile collezione di Hamamelis.
Anche con Sir Peter Smithers è nata una stima, un’intesa che dura da molti anni, e Giustina ritiene di aver avuto molto dalla sua amicizia; io aggiungo che sicuramente è stato uno scambio, qualcosa avrà avuto senz'altro anche Sir Peter Smithers.
La passione per le piante era sicuramente nel suo genoma e lui stesso racconta che a sei anni faceva già le talee di gerani. Forse i nonni contadini gli hanno trasmesso queste peculiarità.
Più avanti, la prima scuola di giardinaggio, poi il trasferimento a Sanremo presso l’Istituto professionale per l’Agricoltura “Domenico Aicardi”.
La Riviera dei Fiori offriva molte opportunità “extra scolastiche” al giovane Giustina: le frequentazioni di Villa Hanbury, i giardini delle grandi ville, i floricoltori, il giardino esotico di Montecarlo. Tutto questo costituì il suo percorso formativo che tutt’ora continua perché un giardiniere è come un ricercatore, c’è sempre qualche nuovo obbiettivo da perseguire.
Negli anni è stata una ricerca, una sperimentazione continua e che continua.
E’ riuscito a raccogliere collezioni uniche di generi e famiglie anche molto lontane tra di loro; sono 22 le diverse glicini che si possono ammirare all’Isola Madre, e poi le le magnoliaceae che non si fermano al genere Magnolia, ma comprendono le Manglietie e le Michelie. La collezione di theaceae, con specie di difficile ambientazione è la più vasta che io abbia mai visto.
E’ riuscito ad ambientare, anche per il particolare microclima dovuto alle acque del lago, piante che non si vedono a queste latitudini, quando è necessario ricorrendo a lievi protezioni invernali, studiate pianta per pianta; in questo modo le grandi felci australiane (Cyathea, Dicksonia) non devono più essere ritirate durante l’inverno.
Lungo il muro sud della grande villa crescono da dieci anni le Boungavillee. Da qualche anno fioriscono le rare Protee e delicati Jasminum ricordano la loro presenza con la fragranza dei fiori, che si unisce al profumo della storica collezione di agrumi che lui stesso ha ricostituito. Con queste scelte difficili, Giustina vuole stupire e meravigliare i visitatori, in particolare i molti provenienti dall’estero, sempre più preparati e avidi di piante rare; gli stessi intenti dei grandi giardinieri del passato.
E poi c’è il suo giardino, a Borgomanero dove abita, sempre in trasformazione, sempre da finire, perché i giardinieri - così è anche per me - sono molto riflessivi quando si tratta di fare il proprio giardino, possono apparire anche lenti nel prendere decisioni, soprattutto, non sono mai soddisfatti dei risultati. Ogni cosa, dalla pianta più minuta a qualsiasi oggetto o pietra introdotta, deve essere al posto giusto, come diceva Russel Page, la posizione giusta è una e una sola, sia come ubicazione che come verso. Questa grande ricercatezza non appare proprio, anzi, un giardino deve trasmettere emozioni lievi e naturali. Non deve vedersi questo grande lavoro che è stato fatto a monte per raggiungere l’equilibrio visivo dell’insieme.
Immagino le complicazioni - molte di più per Gianfranco che non per me - ogni volta che un amico speciale le regalava una pianta particolare per il suo giardino. E’ molto difficile introdurre una pianta nuova in un giardino già “pensato”, eppure la preziosità della pianta, il rispetto per l’amico che l’ha regalata, spesso obbliga ad aggiungere una splendida pianta che può alterare non tanto l’equilibrio del giardino, ma piuttosto l’equilibrio che noi abbiamo immaginato.
Oggi Giustina sovrintende il lavoro di venti giardinieri, ma nel 1976, quando iniziò la sua particolare avventura con i Giardini Borromeo, non è stato facile.
Un giardino su un’isola è un paradiso e un sogno di tutti, ma bisogna dire che i problemi non mancano. Su un’isola, tutto deve essere portato, compresa la terra e la ghiaia, e la superficie della sola Isola Madre è di quasi otto ettari!
Giustina per tutta la settimana si occupa non solo dei giardini delle due isole e dei problemi connessi, spesso viene anche richiesta la sua partecipazione a dibattiti e conferenze; insomma, la settimana è molto piena e il tempo da dedicare al suo giardino molto ridotto.
Gli manca anche il tempo per un’idea che ha in testa, e io spero proprio che riesca a realizzarla: riunire le esperienze di una vita in un libro. Avrebbe molto da raccontare, e mi piacerebbe che parlasse non solo delle sue esperienze nel campo delle piante, ma anche dei personaggi importanti e non, che ha conosciuto e che si possono incontrare solo in pochi posti speciali, come l’Isola Madre.
1 commenti:
E Gianfranco Giustina è ospite di un programma televisivo e sta parlando di camelie.
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